Melograno di Giuliana Borghesani

Selina aveva accolto Orsola senza chiedere niente, la giovane era stanca, spaventata e affamata e alla vecchia donna bastava solo questo. Era abituata ad aiutare chiunque avesse bisogno del suo aiuto, senza chiedere, senza giudicare. Per questo chiunque ricorresse a lei riportava nel cuore e nella mente il ritratto di una donna cui tutte avrebbero dovuto somigliare; quale differenza dalle pettegole, scontrose e impiccione che a volte tormentavano la loro vita: Selina era quasi perfetta. Quasi, perché suo figlio, ottimo pescatore, era un giovane di belle speranze, e di troppo bell’aspetto, tanto che costituiva un impiccio per tutti gli uomini, maritati o meno. Benedetto era andato a cercare di vendere le anguille pescate, così non era presente quando Orsola si era accasciata sulla riva, sgomentata dalla distesa d’acqua che le impediva di scappare anche più lontano, ma quando il giovane era tornato a casa e l’aveva trovata ne era stato felice. Orsola era sciupata, dopo tanto fuggire, ma era bella, dolce, sì forse, ma decisa, una donna che sapeva tener testa a un uomo e Benedetto da un pezzo ne cercava una così… una come sua madre, che vedeva invecchiare, affaticata, ma sempre affannata per aiutare.

«Mi vai a raccogliere un po’ di salicornia, Orsola? Sono così stanca oggi». Era difficile che Selina dichiarasse di sentire il peso degli anni e degli acciacchi e che chiedesse aiuto. La ragazza non se lo fece dire due volte, aveva imparato che quell’erba croccante e salata serviva per insaporire le anguille arrostite sulle braci. Così andò fino al limitare del piccolo mare e colse un mazzetto di quell’erba che cresceva solo in quel luogo, poi, mentre tornava indietro, vide che stava arrivando la barca di Benedetto. Un lieve sorriso le aleggiò sulle labbra, mentre rispondeva con un gesto della mano al saluto allegro del giovanotto; dopo tanto tempo si sentiva a casa, anzi, sentiva nascere un curioso sentimento cui non sapeva ancora dare un nome definito, ma che le scaldava il cuore.

«Aspettami, lego la barca e rientriamo insieme», le gridò Benedetto, mentre attraccava. Orsola si fermò e l’attese, così i due arrivarono alla capanna dove Selina stava cuocendo il pasto. Orsola si diede da fare per preparare la tavola, le stoviglie di ceramica rustica, la brocca di acqua dolce, il pane, ancora caldo di forno. Una volta seduti tutti e tre al semplice desco, Selina si fece il segno della croce, poi benedì il cibo e solo allora furono fatte le parti e i tre iniziarono a mangiare. Benedetto raccontava che qualcuno aveva avvistato le vele dei dalmati e gli uomini del piccolo mare si stavano organizzando, era finito il tempo delle razzie, dei rapimenti. Schiavi sulle galere per tutta la vita… mai più. Gli occhi di Selina si incupirono, la ferita era sempre aperta e benchè la donna sembrava avesse accettato la sorte avversa, solo la notte sapeva che prima di dormire la vecchia donna invocava il nome del marito e solo le stelle lontane sapevano che le veniva in sogno ogni notte. Era il figlio, ora, in pericolo.

«Lascia stare, non combattere, cerca un luogo migliore», supplicò, poi abbassò la testa e rimase in silenzio. La giornata trascorse lentamente, nessuno parlava, Orsola si sentiva stringere il cuore, vedendo che in cielo si addensavano nubi grigie. Al tramonto Benedetto cercò la madre per la cena, solo in quel momento i due giovani si resero conto che non vedevano Selina da tutto il pomeriggio. 

L’isola su cui abitavano era piccola e ci si metteva davvero poco a girarla, eppure della donna non c’era traccia, poi Benedetto si accorse che accoccolata vicino all’attracco della sua barca giaceva sua madre.

Corse subito, forse si era sentita male, ma quando arrivò vicino a lei si rese conto che la madre non c’era più: una mano stesa verso il mare, quasi a prendere per mano qualcuno che da lì venisse. Certo il marito tanto amato e perso così presto era tornato a prenderla per riunirsi con lei per una nuova vita. Tornò indietro e si rifugiò tra le braccia di Orsola, che l’aspettava, consapevole che il tempo del dubbio e dei rossori era terminato, forse Selina lo sapeva, aveva previsto che avrebbe lasciato il figlio in buone mani e che anche la giovane in fuga avrebbe finalmente trovato pace; quanto a lei, Selina, si era sentita libera di raggiungere il luogo dove l’aspettava Benvenuto. Le lacrime dei due giovani si mescolarono, poi Benedetto si riscosse e si staccò da Orsola: «Ora possiamo andarcene: dopo aver seppellito la mamma lasceremo il piccolo mare». «Cerchiamo il bosco, vedrai che anche lì vivere sarà bello», rispose Orsola.

 

***

Dopo aver salutato per l’ultima volta la madre e dopo aver preso dalla povera dimora ciò che poteva servire loro, i due giovani, che la morte aveva all’improvviso spinti con forza verso la vita, abbandonarono quel luogo sospeso tra acqua e cielo, dove il sale bruciava la pelle e dove gli uccelli attraversavano il cielo, quando l’inverno arrivava, dopo che l’estate li aveva portati lì dalle lontane terre d’Africa. Benedetto si sentiva stringere il cuore, abbandonare il luogo dove era nato e cresciuto, dove il ricordo del padre mai conosciuto e della madre, che gli aveva permesso di scegliere liberamente la sua vita, Orsola, ancora una volta, partiva, lasciando dietro di sé un porto che aveva creduto sicuro; era decisa a smettere di correre, insieme con Benedetto sapeva di avere una nuova possibilità e non intendeva lasciarsi sopraffare dalle avversità. Un fagottello e poco altro, delle anguille affumicate, un mazzo di salicornia salmastra, dell’acqua, i pochi vestiti che indossavano e niente altro se non la giovinezza e la consapevolezza che in due si sarebbero sostenuti e che avrebbero affrontato ogni ostacolo. Benedetto aveva negli occhi i suoi genitori, benchè il padre gli fosse di fatto ignoto, ma era vivo e presente nelle parole e nel cuore di Selina, Orsola ricordava con affetto i due vecchi che molto lontano da lì l’avevano accolta e protetta dagli sgherri del conte. In due avrebbero vinto.

Camminarono a lungo, mentre il sole tiepido allietava il triste viaggio, si diressero verso la pianura e il grande fiume, Orsola voleva condurre Benedetto fino ai piedi delle montagne, un luogo tanto diverso dal suo piccolo mare, così da permettergli di ritrovare un nuovo assetto di vita senza vaghe somiglianze, ma diverso dal precedente; dal mare al monte, per rinascere a nuova vita. Padre Manrico, vecchio e stanco, uno dei pochi che ancora ricordava suo padre gli aveva assicurato che avrebbe pregato per loro e li aveva benedetti, con un sorriso aveva detto che sperava un giorno di vedere i loro figli tornare al piccolo mare. Dopo qualche giorno, attraversato il mobile fiume di barche sul fiume, all’orizzonte apparve una linea di montagne azzurrine, che a Benedettto fecero pensare alle onde del mare grande, quello da cui arrivavano i pirati, quello che aveva onde alte e cattive, se il vento lo faceva arrabbiare. Non disse niente, ma in cuor suo si chiese se davvero era stato bene allontanarsi dalla sua terra per ritrovare un mondo tanto simile, ma, avvicinandosi sempre più all’orizzonte si rese conto che questo si tingeva di verde, il bosco ammantava le montagne e nel bosco, a detta di Orsola, avrebbero trovato rifugio. Finalmente arrivarono al bosco: querce secolari aprivano le loro braccia a coprire un terreno rigoglioso di piante, tra i cespugli non lontano dai due giovani grufolavano due piccoli cinghiali, che non parevano impauriti dalla presenza umana. Orsola si guardò in giro, poi diede un piccolo grido e corse veloce verso una radura. «Guarda, strano, non avrei mai pensato di trovare un albero di questo tipo», disse, indicando un melograno. L’albero, cresciuto nel folto del bosco, giunto fin lì dall’Oriente lontano attraverso chissà quali vie, pareva aspettarli, a ottobre i suoi frutti, dalla scorza dura che proteggeva le migliaia di chicchi rossi e sugosi era quasi un simbolo. La difficoltà che i due, singolarmente e insieme avevano affrontato, avevano resa dura la loro scorza, ma all’interno, nel cuore di ognuno dei due giovani c’erano chicchi sugosi di volontà, di speranza, di amore, e sarebbero stati questi che li avrebbero aiutati negli anni a venire. Orsola si volse a Benedetto, sorridendo tra le lacrime, e gli chiese di costruire lì, esattamente in quella radura, la loro casa.

 

***

Un bambino di forse tre anni correva, mentre un cane lo seguiva scodinzolando, sulla porta di una capanna una vecchia dai capelli bianchi dondolava una culla dove dormiva l’ultimo nato. Intorno alla dimora campi coltivati attestavano la presenza di contadini abili e capaci. Un uomo giovane rientrava dal bosco con un carico di legna sulle spalle. «Mamma, per l’inverno ora siamo a posto, ci sarà il camino sempre acceso». «Bene, - rispose Orsola, guardando con orgoglio il suo bel figliolo – Annina sta cuocendo la zuppa, tuo padre è andato a cercare funghi nel bosco e i tuoi figli sono sereni». In quel mentre il vecchio Benedetto apparve da dietro la casa, recava un cesto ricolmo di porcini appena colti. Abbracciò con lo sguardo la scena serena della sua famiglia, poi si volse al melograno e colse un frutto, poi lo portò a Orsola, la moglie amata, la compagna di una vita, suo sostegno e suo coraggio. «Ecco, donna, come hai detto quel giorno lontano di ottobre, ricordi? La melagrana simboleggia fecondità e fertilità, hai detto che era il luogo adatto per noi… Avevi ragione». Si guardarono: la vita era stata buona con loro e loro ne affrontavano l’autunno con la serenità raggiunta.


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