Concorso Pittorico Allieve di Patrizia Pollato

Insieme al fiume, insieme al vento di Roberta Rocchetti

leggete il racconto, subito dopo visionate l'interpretazione artistica di Carla M. e votate

 

La tavolata le si parò davanti in tutta la quieta eleganza dello stile sobrio e sui toni del grigio che ultimamente andava per la maggiore. Il locale nel quale Teresa aveva deciso di festeggiare la finalmente raggiunta laurea era in linea con quella mise en place, delicato, raffinato, quasi sottotono.

I parenti e gli amici cominciavano ad arrivare, Teresa riceveva felice ed ormai esausta, dopo la tensione della discussione della tesi, le congratulazioni ed i piccoli pacchetti regalo che le venivano offerti. Quando tutti furono seduti, o meglio quasi tutti, dal momento che ad essere rimasto vuoto era ormai un solo posto, decisero di dare comunque inizio al pranzo.

La sala era calda ed accogliente, grande ma non dispersiva, di fronte prese posto, in una tavolata estranea ai suoi festeggiamenti, un gruppo di persone vocianti, allegre e vestite in maniera piuttosto improbabile. All'interno di quel locale ton sur ton, quasi etereo, quel piccolo, folle drappello sembrava una macchia di inchiostro colorato gettato di proposito da un dio bizzarro ormai stanco di colori neutri.

Il cameriere sorridente disse che si trattava di una compagnia di attori itineranti in sosta momentanea, e del resto, essendoci due di quei commensali ancora con il tricorno in testa e due donne in crinoline e pizzi non sarebbe potuto essere altrimenti. Carnevale era finito da un pezzo.

Il pranzo ebbe inizio: antipasti a base di piccole portate offerte al centro perfetto di piatti nei quali la scenografia contava tanto quanto il gusto, indubbiamente eccellente. Poi il seguito, primi piatti seducenti, colorati e profumati, secondi piatti delicati e fragranti a seguire.

Fu proprio nel momento nel quale i camerieri si accingevano a servire un dorato arrosto circondato da verdure oculatamente posizionate e con l'aggiunta decorativa di veri fiori di primula che arrivò zia Lucinda, la destinataria dell'unico posto rimasto vuoto.

Zia Lucinda era un soggetto particolare, non sempre ben vista dalla schiera dei parenti per il modo eccentrico di condurre la propria esistenza e per essere refrattaria a qualunque tipo di regola. Il ritardo di cui si era macchiata anche in quella occasione ne era la prova lampante, non esistevano pastoie sociali che potessero obbligarla a fare ciò che andava contro il suo orologio interno alimentato a libertà.

I suoi interessi spaziavano armonicamente dagli uomini all'esoterismo e negli anni precedenti erano state più queste caratteristiche che altro a renderla invisa al parentame.

O forse più probabilmente, l'invidia sotterranea che provavano era quella per una vita gioiosamente svincolata da catene immaginarie ma tenaci dalle quali altri, ma soprattutto altre, si erano lasciate imprigionare senza mai avere afferrato con precisione il perché e del resto erano troppo ottusi per capire che quella libertà Lucinda l'aveva pagata con monete preziose e pesanti.

Teresa sfoggiò il suo miglior sincero sorriso, amava quella creatura profumata di muschio e di vento, e si alzò per salutarla, la zia dal canto suo si congratulò e le porse il suo regalo.

Quando, dopo l'ultima portata, una torta anch'essa in linea sia per eleganza che per gusto alle pietanze che l'avevano preceduta, Teresa iniziò a scartare i regali, si accorse che come al solito la zia Lucinda si era distinta. Le aveva donato una sfera di cristallo di rocca. Sorridendo la donna si avvicinò a Teresa e le sussurrò: “Se ci guardi attraverso vedrai il tuo futuro ... Prova”.

Teresa stette allo scherzo e si avvicinò alla sfera, ciò che vide attraverso le divisioni cromatiche ad opera della pietra le ricordò alcune emozioni di bambina, quando si incantava a guardare dentro i caleidoscopi che le regalavano i suoi genitori, poi sollevò la testa dicendo alla zia: “ Purtroppo ho visto solo quello che sarebbe stato logico vedere e cioè la tavolata di fronte, ciò non toglie che questo oggetto sia bellissimo e ti ringrazio davvero tanto”.

Lucinda mantenne il suo enigmatico sorriso, si alzò, portò il suo corpo slanciato e la sua carica erotica nel giardino subito fuori del locale e si portò dietro, come una scia di profumo dissonante, anche gli sguardi ammirati degli uomini e quelli furenti delle donne.

Il pranzo era ormai agli sgoccioli e Teresa sentiva dentro un moto d'inquietudine che le era familiare, in passato aveva sofferto di depressione, aveva dovuto lottare per arrivare alla laurea, ogni tanto quel campanello malinconico le si accendeva dentro e sapeva che avrebbe dovuto cercare di spegnerlo prima che potesse invadere ed assordare del tutto la sua anima, ne riconosceva immediatamente il riaccendersi, come se venisse punta da un ago di siringa, primo passo di una spaventosa iniezione di buio.

Quel giorno però, in quel luogo poco consono, in quel momento inopportuno, si chiese per la prima volta se invece non sarebbe stato il caso di ascoltarlo fino in fondo per capire finalmente cosa avesse da dirle.

Certo, si ripeté, non era quello il momento, non era quello il luogo, ma qualcosa dentro le impedì di procrastinare.

Si alzò decisa dal tavolo, guardò verso il fiume che scorreva veloce, quasi impetuoso in fondo alla scarpata che sottostava il ristorante.

Il fiume ... La chiamava, le stava sussurrando qualcosa, scrivendo ambigui e forse malevoli suggerimenti liquidi sulla superficie.

I suoi piedi cominciarono a muoversi, le sembrò in maniera del tutto autonoma dalla sua volontà, in quel momento comunque assente.

Fu solo quando la sala si svuotò del tutto, che qualcuno notò che Teresa non c'era.

Non c'era più.

Attesero, chiamarono, si allarmarono.

Un'ora dopo alla zia Lucinda giunse un messaggio sul cellulare:

“In quella sfera c'era il mio futuro, avevi ragione; come sempre”.

 

Il vento era già caldo in quel tramonto tardo primaverile, Teresa teneva il finestrino aperto e l'aria tiepida passando tra i capelli strappava via qualcosa di pesante dai suoi pensieri.

Non aveva più paura, si guardò intorno e da quei volti sconosciuti ma ad un tempo chissà perché, familiari, si sentiva protetta.

Pazzia? Un colpo di testa? Si sarebbe pentita in seguito?

Non le importava, la serena calma che provava per il momento le bastava, il fiume scorreva a fianco del furgoncino sul quale si trovava insieme agli artisti di strada, stavano percorrendo la via che portava fuori città, erano colorati, assurdi e avevano l'aspetto di un salto nel vuoto.

Il presente era tutto ciò che contava.

 

 

Carla spiega la sua opera: l'albero rappresenta la famiglia con cui ci si deve sempre confrontare, lo sfondo scuro rappresenta la depressione e il tronco più piccolo Teresa, la sua guarigione dalla malattia, la rinascita, la nuova strada intrapresa, la sfera di cristallo di rocca è il suo futuro.

Foto dell'opera a cura di Giulia Bacchetta


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